Vota, ragazzo, vota! Il 4 dicembre 2016 gli italiani dovranno decidere se cambiare o meno la Costituzione. Il Sottosopra sceglie di mettersi in campo seguendo dibattiti, confronti e cercando di rendere le idee più chiare ai numerosi indecisi con questa speciale rubrica, Vota, ragazzo, vota!, a cura di Mattia Princigallo e Leonardo Caporusso.
“Votare SI o votare NO”: questo è il dilemma!
Giornali, televisioni, radio, per strada, in piazza, ovunque. Non si parla d’altro ed il tempo per decidere è ormai giunto agli sgoccioli: referendum costituzionale, cosa votare? La domanda può sembrare facile ma nasconde in realtà la modifica di 47 articoli della Costituzione. Oggi, presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Foggia, un dibattito tra giovani ragazzi, 3 per sostenere le ragioni del Si e 3 per le ragioni del No. Il Sottosopra decide non mancare a questo importante convegno dove il confronto e le rispettive opinioni possono forse convincere gli indecisi, che stando agli ultimi sondaggi rappresentano ben il 17% degli aventi diritto di voto. Moderatore del dibattito è il giornalista Felice Sblendorio, che introduce brevemente l’attuale situazione politica del paese e concede la parola ai sostenitori del Si con la prima domanda.
Il metodo utilizzato per proporre questa riforma snatura il senso collettivo condiviso di Costituzione?
Sostenitori del Si: la riforma, proposta dal Governo Renzi, in tutti i suoi passaggi ha visto l’approvazione del 70-75% delle forze politiche presenti in parlamento, tranne il Movimento 5 Stelle e qualche altro partito, l’hanno votata tutti in alcuni passaggi della Costituzione, in larghissima maggioranza. Nei vari passaggi, questa maggioranza si è trasformata per opportunismo politico e non sul merito della riforma.
Sostenitori del No: citano le parole del padre costituente Piero Calamandrei: “Quando l’assemblea dovrà votare pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del Governo dovranno essere vuoti; estraneo del pari deve rimanere il governo alla formulazione del progetto, se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell’Assemblea sovrana “. Detto ciò, l’iniziativa governativa non può trovare spazio nella riforma della Costituzione.
È in grado questa riforma di superare il bicameralismo perfetto?
Sostenitori del No: il Senato non verrà assolutamente abolito, ma rappresenterà gli interessi territoriali. Sarà formato da 22 sindaci, 73 consiglieri regionali e 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica. Non si sa con quale criterio scienziati, letterati, intellettuali saranno scelti e quali entità territoriali debbano rappresentare. Molti vogliono paragonare il Senato descritto nella riforma al Bundesrat tedesco. Ma come posso i senatori rappresentare le istituzioni territoriali e gli interessi dei territori stessi in assenza del vincolo di mandato? Il Senato, tra l’altro, non sarà più eletto dai cittadini e non sarà così detentore del rapporto di fiducia. Gli iter legislativi con la riforma diverrebbero 10. In caso di conflitto di competenze sarà compito dei Presidenti delle Camere mettersi d’accordo, ma sono soltanto due. E nel caso in cui neanche i Presidenti delle Camere riuscissero a mettersi d’accordo, i conflitti si ritroverebbero davanti alla Corte Costituzionale. Quindi questa semplificazione ancora non si capisce dove sia.
Sostenitori del Si: il bicameralismo perfetto è stata solo una scelta compromissoria, è da 30 anni che si cerca di superare l’attuale forma del nostro Parlamento. Non si tratterà più di elezione diretta, ma i cittadini quando eleggeranno i consiglieri regionali, potranno scegliere quale consigliere mandare al Senato, secondo le loro preferenze. I sindaci da mandare al Senato sono eletti dai Consigli regionali, con metodo proporzionale ma per essere attuato necessità di una legge elettorale, che non può far parte del testo costituzionale. Per quanto riguarda gli iter legislativi e la nuova formazione del Parlamento, la dichiarazione del manifesto per il No firmata da importanti costituzionalisti come Zagrebelsky ed Alessandro Pace prende le distanze da chi teorizza che la riforma possa portare ad una deriva autoritaria.
Uno dei principali problemi sarebbe il combinato-disposto con la nuova legge elettorale, l’Italicum. È davvero così?
Sostenitori del Si: non si può in alcun modo parlare di combinato-disposto, ricordiamo che l’Italicum è una legge ordinaria che può cambiare sempre. La situazione accaduta con il Porcellum non potrà verificarsi più, perché tutte le future leggi elettorali, come l’Italicum saranno oggetto di giudizio di legittimità da parte della Corte Costituzionale.
Sostenitori del No: con la riforma, solo la Camera darà la fiducia al governo, ma con una legge iper-maggioritaria come quella dell’Italicum, questa diventa esclusivamente una mera formalità. Perché attribuisce un premio di maggioranza di 340 seggi al partito che vincerà le elezioni.
Concorrenza Stato-Regioni, finalmente chiarezza suoi ruoli?
Sostenitori del No: si andrà a modificare il risultato della riforma costituzionale del 2001. Se dobbiamo fare le riforme, però, non dobbiamo accettare quelle meno-peggio. Perché se faceva schifo la riforma del 2001, questa non è tanto meglio. Se dobbiamo ridisegnare la competenza legislativa dello Stato e delle regioni alla luce di criteri di semplificazione, per dare chiarezza alle materie che sono di competenza dell’uno e dell’altro, bisogna farlo in modo tale che sia chiaro a chi legge la norma costituzionale e capire di cosa si stia parlando. Questa è una ricentralizzazione, che comporta passi indietro rispetto al 2001. La cosa che desta più preoccupazione è la clausola di supremazia, la quale prevede che lo Stato possa vocare a sé delle competenze che appartengono alle regioni.
Sostenitori del Si: rispondono con una domanda rivolta ai sostenitori del No: “L’articolo 117 modificato oggi è lo stesso approvato nel 2001? La Corte Costituzione, che materialmente ha investito la gran parte del proprio contenzioso sull’attribuzione delle competenze, ha o meno modificato l’articolo 117? Quindi questa riforma può essere considerata una deriva centralista oppure un qualcosa di più leggero, risultato degli indirizzi e delle indicazioni operate dalle sentenze della Corte Costituzionale? Risposta del No: non si può dire che la Corte Costituzionale non abbia inciso fortemente su quello che era il riparto delle competenze ma non si può neanche dire che non inciderà anche su questo riparto delle competenze.
Abbiamo provato a darvi dei punti di riflessioni e magari chiarirvi le idee su un argomento oggetto di fortissimi dibattiti su tutti i fronti. Ricordatevi sempre che l’ultima parola sarà la vostra, dentro la cabina elettorale! Non perdete il prossimo articolo: Matteo Renzi a Foggia!