Oggi, 27 gennaio, si celebra la liberazione dal campo di concentramento di Auschwitz avvenuta il 27 gennaio 1945 ad opera delle truppe sovietiche dell’Armata Rossa. La distruzione di circa due terzi degli ebrei europei è nota con il termine Olocausto (genocidio degli ebrei) e indentificata più correttamente con il termine Shoah che significa catastrofe, distruzione pianificata della popolazione ebraica avvenuta tra la fine degli anni trenta e il 1945. Uno sterminio svolto in campi di concentramento, luoghi in cui gli uomini deportati venivano separati dalle donne e dai bambini in due file distinte e marchiati sulla pelle con un numero di identificazione, tanto da togliergli la loro dignità umana. Successivamente un personale medico delle SS decideva chi era abile al lavoro e, mediamente, solo il 25% dei deportati aveva la possibilità di sopravvivere; il restante 75% (donne, anziani e bambini) era inviato direttamente alle camere a gas. I detenuti ritenuti abili al lavoro dovevano lavorare fino alle stremo per numerose ditte tedesche ma c’era anche chi veniva sottoposto a esperimenti scientifici. Inoltre, va ricordato che all’interno dei campi non c’erano servizi igienici, nessuna assistenza medica e fame ed epidemie erano all’ordine del giorno. Tutti questi fattori portarono, così, alla distruzione di circa 5-6 milioni di ebrei, e, grazie ai pochi sopravvissuti e alla loro testimonianza possiamo avere coscienza della cattiveria umana e della brutalità con cui si è svolto questo massacro.
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