Da alcuni decenni,i capelli sono oggetto di studi poiché la loro salute rispecchia anche il benessere di ciacuno di noi. Nella cultura antica, un sottile ma prezioso velo caratterizzava l’immagine della donna quale tratto sociale distintivo. La cultura islamica ha da sempre optato per l’uso di tale indumento quale simbolo di decoro e dignità. Diversi sono i veli che è possibile scegliere: dal Khimar al jilbab, dal niqabvelo al burqa. Diversi sono i tessuti che avvolgono la chioma di una donna con lo scopo di poter mostrare la bellezza dei propri capelli sono nella sfera privata. Tuttavia, la volontà di godere della bellezza in ambito privato è stata deturpata dalla cultura integralista islamica che ha reso obbligatoria una consuetudine, imponendo il velo sin dal 1979. Tale imposizione si è nutrita di prepotenza ed è diventata violenza contro coloro che hanno dissentito.Oppure l’hanno indossato, facendo fuoriuscire qualche ciocca di capelli. Talvolta, in modo non del tutto intenzionale. E’ accaduto il 13 settembre alla ventiduenne Mahsa Amini. Una ragazza in vacanza a Theran con la famiglia ha incontrato la morte. Brutale e disumana per mano della polizia morale iraniana che ha provveduto ad arrestarla, allorchè ha intravisto una ciocca di capelli scivolare inavvertitamente dallo hijab. Immediatamente condotta al comando per una “lezione di rieducazione”, ha subito violenze e maltrattamenti. Le sue grida di dolore sono giunte fuori l’edificio dove suo fratello Kiarash l’aspettava. Non poteva certo immaginare che la suddetta rieducazione avrebbe causato un coma irreversibile. Masha è morta dopo tre giorni di agonia. Dinanzi a tanta ferocia, il mondo intero leva il suo grido di dolore. Non sono, pertanto, mancate le proteste diventate virali, condivise sui social. Hanno fatto il giro del mondo immagini di donne che si tagliavano ciocche di capelli e bruciavano il velo. Anche la nostra cittadina ha fatto sentire la propria voce attraverso un significativo convegno dal nome “Indossiamo la libertà” promosso da “Il Cuore di Foggia” e un flashmob presso la Villa Comunale.
Masha non è morta invano.
La sua condanna sia monito di giustizia e amore, La sua tragica fine giunga al regime iraniano. Diventi ammissione di responsabilità e colpe poiché nessuna tragedia può essere occultata da false verità.
La verità è una e sola e reclama libertà, sempre, ovunque e per tutti.